domenica 29 giugno 2014

EIFF2014: #ChicagoGirl - The Social Network Takes On a Dictator

Un documentario sensazionale che segue per due anni la vita di Ala, una diciannovenne siriana che vive negli Stati Uniti. Ma Ala non è una ragazza come tutte le altre. Ala coordina dal suo laptop la rivoluzione civile in Siria.

Grazie all'utilizzo dei social network Ala riesce infatti ad organizzare e mettere in contatto gruppi rivoluzionari, la maggior parte dei quali sono ragazzi suoi coetanei, che si ritroveranno poi nelle strade per dare voce ad una generazione che è stanca di stare a guardare un governo dittatoriale.
Molti di questi giovani sono studenti, istruiti, magari hanno  anche studiato all'estero, medici, giornalisti, filmmaker che hanno intuito che il mondo online è uno dei più importanti mezzi di comunicazione e che hanno imparato ad usarlo in modo da aggirare il blocco della stampa che il governo a messo in atto quando le rivolte sono iniziate.
Cellulari, videocamere, computer diventano i testimoni della voglia, dell'ardore che questi giovani hanno per la libertà a costo della loro stessa vita.
Attraverso le immagini raccolte da questi stessi ragazzi il film documenta una lotta senza riserve, piena di coraggio e paura al tempo stesso.

Ala al lavoro
Non sono una grande fan dei documentari ma questo è semplicemente meraviglioso, toccante, intenso. Racconta una verità scomoda, che non tutti vogliono sentire ma proprio per questo vale la pena di essere visto, deve essere visto, condiviso, proprio come i filmati che i ragazzi siriani trasmettono su youtube o Facebook.
Deve essere condiviso.
Pur non essendo di una durata eccessiva, il fatto che copra due anni della vita delle persone coinvolte permette allo spettatore di conoscerle, quasi di crescere con loro. E, purtroppo, in due anni molte cose possono succedere...

Alla fine stavo piangendo come una fontana. Con singhiozzi e lacrimoni.

Davvero un film da vedere.

Eccovi il trailer...


lunedì 23 giugno 2014

EIFF2014: The Anomaly

In un futuro non troppo lontano, Ryan si risveglia nel retro di un furgone in movimento. Non sa come sia arrivato li è con lui c'è un ragazzino, Alex, che è stato evidentemente rapito.
Riuscito a scappare con il piccolo prigioniero, Ryan inizia una fuga per le vie di Londra per cercare di salvarsi entrambi, mentre misteriosi uomini in nero si accaniscono al loro inseguimento. Quando è il momento di affrontare i criminali, Ryan sfoggia incredibili capacità di combattimento, riuscendo a neutralizzarli. 
Tutto questo dura all'incirca 9 minuti.
Quando quello che sembra il capo della banda raggiunge il luogo della lotta, si rivolge a Ryan come se lo conoscesse da tempo.
Pochi secondi dopo, Ryan sviene, come vittima di una specie di cortocircuito.
Così si apre lo sci-fi thriller The Anomaly, diretto ed interpretato da Noel Clarke, volto noto per le sue apparizioni in Doctor Who e Star Trek: Into Darkness.

9.47 minuti è il tempo di coscienza di se stesso che Ryan ha e che deve usare per cercare di mettere insieme i pezzi di quel puzzle che è diventata la sua vita. 
Ben presto si rende conto di essere controllato, che nei momenti in cui non è più lui c'è qualcun altro che agisce per conto suo, si rende conto di aver avuto parte attiva nel rapimento di Alex e ora cerca con tutte le sue forze di fare ammenda cercando di trovarlo.

Tutto il film è girato dal punto di vista di Ryan: ci svegliamo con lui, siamo partecipi della sua confusione e del suo smarrimento ogni volta che prende coscienza in un luogo e in un tempo diverso.

Noel Clarke in una scena

La proiezione cui ho assistito è quella che ha seguito il Red Carpet (di cui potete vedere le foto sulla nostra pagina Facebook) e immediatamente dopo vi è stato un interessantissimo Q&A con Noel Clarke e l'attore Niall Grey Fulton.
Entrambi hanno precisato che questo è un low budget film eppure sembra una di quelle grandi produzioni hollywoodiane che ora siamo così abituati a vedere al cinema. Devo dire che il risultato ottenuto è davvero sbalorditivo: il film non ha nulla cui invidiare agli altri film contro cui compete che sicuramente sono costati di più.

La storia è coinvolgente e insolita, trattata con attenzione: pur essendo frammentaria lo spettatore non ne perde il filo e anzi proprio la sua non regolarità aiuta a simpatizzare con il protagonista, a venire coinvolti nella sua vicenda che ad un certo punto sembra impossibile di soluzione.

Altra informazione davvero interessante venuta fuori durante il Q&A: tutte le numerose scene di lotta sono state girate in one shot, vale a dire senza stacchi d'inquadratura, senza pause ma tutto in un'unica azione. Questo significa che se una scena non incontrava le aspettative del regista o vi era qualcosa di sbagliato era necessario ripeterla dall'inizio. I combattimenti sono stati coreografati in modo davvero spettacolare e alcuni degli avversari del protagonista erano lottatori professionisti. 

Un altro film che mi è piaciuto e per cui non mi sono pentita di aver PAGATO per il biglietto (e si, mi sono mossa tardi è il film era molto gettonato). Lo consiglio se volete un po' di azione innovativa.

Vi lascio con il trailer...




sabato 21 giugno 2014

EIFF2014: The Skeleton Twins

Il film si apre con Milo che tenta il suicidio. Nello stesso momento, a chilometri di distanza, la sua gemella Maggie sta pianificando di fare esattamente lo stesso.
Questo l'icipit di The Skeleton Twins, potente e divertente film d'introspezione nelle relazioni famigliari e non. 
Accorsa al capezzale del fratello con cui non ha contatti da 10 anni, Maggie convince Milo a trasferirsi da lei per il periodo di recupero, nella provincia dell'est coast. 
Comincia così il processo di riavvicinamento di questi due fratelli che il tempo e la distanza hanno fatto allontanare. Entrambi saranno costretti, proprio grazie alla presenza dell'altro, a fare i conti con quella parte di se con cui non vogliono avere a che fare, quella parte nascosta a tutti che è il principio di tutti i loro problemi. Si troveranno di fronte a quella verità da cui sono scappati da anni.
Milo dovrà affrontare il fatto che la sua carriera di attore probabilmente non decollata mai e intanto riallaccia i rapporti con un ex-ragazzo dei tempi del liceo, ma anche questa relazione si scoprirà non essere del tutto sana e giusta per lui, mentre Maggie dovrà aprire gli occhi su quella che è la sua vita, su quello che ha raggiunto e su quali sono i suoi desideri.
Milo è, dei due, quello più conscio della propria situazione, quello che capisce cosa gli sta succedendo e che sta cercando, dopo tentativi evidentemente fallimentari, di trovare una soluzione ai propri problemi. Maggie, invece, continua a vivere un'illusione che la sta pian piano distruggendo dall'interno, non riesce a mettersi di fronte quello specchio interiore e ad affrontare quelli che sono i veri problemi.
È interessante vedere come i ruoli dei due, dall'inizio del film, si ribaltino: Milo appare come il più fragile, dato il gesto estremo che compie, eppure sarai lui la roccia a cui una Maggie alla deriva dovrà cercare di aggrapparsi.
Entrambi cercano una felicità che gli sembra preclusa ma che, forse, riusciranno a trovare proprio l'uno nell'altra. 



Kristen Wiig e Bill Hader, colonne portanti del Saturday Night Live per moltissimi anni, sono i due gemelli del titolo e mettono insieme un film strepitoso e incredibilmente divertente data la tematica che tratta. Le dinamiche fra i due fratelli sono semplicemente impagabili e smorzano la tensione suscitata dai fatti della storia ma senza per questo sminuirli d'importanza. Wiig e Hader, probabilmente grazie agli anni trascorsi insieme su uno dei più famosi palcoscenici comici della tv, riescono a dare al rapporto fra fratelli una veridicità quasi disarmante, fatta di piccoli episodi, piccoli momenti così intimi e personali che non si possono prendere per mera recitazione. Vi è una semplicità e una naturalezza in questo film e nella recitazione del cast che dà quasi l'impressione di essere affacciati ad una finestra sul reale.



Devo dire che questo è uno dei miei film top di questo festival, almeno per ora. Ne consiglio davvero caldamente la visione.

Vi lascio con un'interessante intervista che il regista ha rilasciato per il Sundance Film Festival dato che il trailer non è ancora disponibile...




EIFF2014: We Gotta Get Out Of This Place

Siamo nell'afosa provincia texana. Sue, B.J. e Bobby sono tre amici che stanno però attraversando un periodo molto difficile della loro esistenza: Sue e Bobby lasceranno presto la piccola cittadina per andare al college mentre B.J. continuerà la sua vita nella provincia.
I tre sono inseparabili ma fin dalle prime battute possiamo notare delle dissonanze. Sue e B.J. sono una coppia, probabilmente insieme da sempre, ma ora le differenze fra i due sembrano quasi insormontabili: la crescita e la maturazione li ha allontanati quasi fino al punto di rottura, Sue è distante mentre B.J. rimane ancorato ad un passato che ormai non esiste più. B.J. e Bobby sono migliori amici ma è chiaro fin da subito che sono innamorati della stessa ragazza.

B.J. fa qualcosa di avventato: deruba il suo datore di lavoro Giff (che si scoprirà essere, ovviamente, invischiato in traffici non troppo leciti) e con quelle migliaia di dollari decide di regalarsi e regalare ai suoi amici un'ultimo weekend di follie e divertimenti. 
Ma il crimine non rimane impunito, soprattutto quello contro il gangster locale.
I tre si ritrovano a dover ripagare il debito con un altro crimine: Giff vuole infatti derubare a sua volta Big Red, gangster e strozzino a cui deve un ingente debito, e per farlo userà i tre ragazzi.
Sue e Bobby vogliono chiamare la polizia mentre B.J. si butta entusiasta in quella che per lui è una nuova avventura.
Ma non tutto è come sembra e ben presto le dinamiche relazionali dei tre si stravolgeranno a tal punto da far precipitare, mortalmente, la situazione.


Minacce 

Un film intenso che ti aggancia senza lasciarti andare. 
La storia è coinvolgente, estremamente e paurosamente reale ma senza per questo perdere d'interesse, con svolte che tendono sempre più verso l'annientamento dei personaggi facendo trattenere il fiato agli spettatori. Non ci sono grandi colpi di scena ma una storia lineare che proprio per questo inquieta ancora di più: la sua semplicità la rende totalmente plausibile.

A mio parere, tuttavia, il grande pregio di questo film sta nel cast e nella sua interpretazione. Mackenzie Davies, già vista nel film d'apertura dello scorso EIFF Breathe In e That Awkward Moment, dá il volto a Sue e una profondità incredibile a questo personaggio, Logan Huffman è uno spregiudicato e senza limiti B.J. che riesce a far trasparire tutta la sterminata gamma di emozioni che il suo personaggio attraversa durante tutta la durata del film, e poi c'è Jeremy Allen White la cui interpretazione è semplicemente sbalorditiva, intensa, coinvolgente, reale. Un cast di giovanissimi che dà una grandissima prova di sè.
Personalmente, poi, ho trovato fantastico Mark Pellegrino, che interpreta Giff: volto già noto per le sua partecipazione a numerose serie tv tra cui Supernatural (ma non solo), dà a questo gangster di provincia sfaccettature a 360*. Ironico, divertente, crudele, meschino, Pellegrino rende il suo Giff complesso e interessante, un personaggio che ti colpisce e rimane impresso.


Il cast al completo

Insomma, un film che a me è piaciuto molto e che mi sento di consigliare vivamente.

Vi lascio con il trailer...





venerdì 20 giugno 2014

EIFF2014: The Green Inferno

Primi giorno di festival e si inizia col botto. Cinque film in totale, con tematiche come narcotraffico, poliziotti corrotti, teenagers assassini e cannibalismo.
Dopo aver iniziato la giornata con We Are Monsters, continuiamo con The Green Inferno, l’eco-horror firmati Eli Roth, che, per chi non lo sapesse, è nientepopodimenoche l’Orso Ebreo di Bastardi Senza Gloria. Piccoli uccisori di nazisti crescono.

La scena si apre in un college di New York. Justine è giovane, bella, con un padre diplomatico e piena d’ideali. La voglia di fare di più e lo charme del bello e dannato leader del gruppo ambientalista di turno la convincono a lasciare tutto per una missione in Amazonia per salvare dall’estinzione una tribù indigena, minacciata dai bulldozer della compagnia senza scrupoli di turno.
Fin da subito Justine percepisce un qualcosa di dissonante in tutto quello che la circonda, in come viene gestita questa spedizione e come viene portata avanti. Lasciato anche l’ultimo baluardo della civiltà il gruppo si avventura nella foresta: la meraviglia e la purezza dell’ambiente dissipano gli ultimi dubbi.
Il gruppo arriva a destinazione, solo pochi metri li separano dai bulldozer distruttori. L’operazione ha inizio. Ma ecco che la brutta sensazione di Justine si realizza: tutto viene orchestrato perché lei sia l’unica ad essere realmente in pericolo e in una operazione dove l’unica arma di difesa sono i cellulari e una connessione internet avere una ragazzina dal padre importante che rischia la vita in prima linea è qualcosa che fa notizia.
L’avanzamento della multinazionale è stato fermato, hanno vinto.
Sul piccolo aereo che li riporta alla civiltà tutti festeggiano tranne Justine.

Vi ho detto che questo è un eco-horror. “E quando arriva la parte horror, scusa?” Ecco, adesso.


L’aereo ha un guasto e si schianta al suolo, dopo qualche esplosione in aria che uccide parte del gruppo. I superstiti, scendono a fatica dall’abitacolo distrutto, passando attraverso i corpi martoriati dei loro compagni, solo per ritrovarsi in una situazione ancora peggiore: vengono attaccati dalla stessa tribù indigena che erano venuti a salvare e fatti prigionieri.
Ma la situazione si rivolta dalla padella alla brace, è proprio il caso di dirlo.
Appena arrivati al villaggio i pochi rimasti vengono messi in una gabbia mentre guardano il primo di loro, e anche il più grassoccio, che viene smembrato vivo e cucinato fra le urla di giubilo di tutta la tribù.
Che l’orrore abbia inizio.



Eli Roth mette insieme un horror inconsueto e interessante, composto da una lunghissima prima parte che non ti farebbe mai intuire la seconda. In questa prima parte ci è dato di conoscere i personaggi ma è una conoscenza fittizia: il loro modo di agire e interagire cambierà totalmente dopo aver abbandonato la civiltà.
Roth si attiene a quelli che sono gli schemi canonici del genere, facendo vedere tutto, non tralasciando nulla, il suo sguardo (e la cinepresa) non abbandonano i corpi urlanti e insanguinati mentre vengono fatti a pezzi, gli occhi rimossi, le ossa rotte, la pelle strappata via. Devo dire che ho passato quasi tutte queste scene a cercare di concentrarmi su altro, specialmente le reazioni impassibili di quelli che mi circondavano.
Eppure, proprio quando l’elemento prettamente horror fa la sua entrata in scena arriva anche il divertimento. Eli Roth mischia l’orrore con la risata. Dopo il primo moneto di shock, i personaggi reagiscono, creando scene impagabili come quando due dei prigionieri cercano di far “sballare” la tribù inserendo marijuana nel corpo di un loro compagno morto, riuscendoci per altro.
In questo modo si crea una flebile eppur perfetto equilibrio fra ciò che spaventa e ciò che intrattiene: la tensione viene smorzata senza che il film perda l’attenzione del pubblico.

Pur non essendo un’amante del genere mi sento di consigliarlo: qualcosa di nuovo e raramente visto. Si sconsigliano lauti pasti nelle ore vicine alla proiezione…


giovedì 19 giugno 2014

EIFF2014: X/Y

Ieri sera c'è stata la serata d'apertura dell'Edinburgh International Film Festival ma eravamo già attive da almeno un paio di giorni in cui siamo riuscite a vedere la bellezza di sei film.
Devo ammettere però che le vostre due blogger vengono da giorni particolarmente difficili (visita agli Harry Potter Studios di Londra e conseguente vita da festival scatenata ad Edimburgo) quindi Le recensioni partono da oggi.

Dunque, eccoci qui tutte cariche e pronte per subissarvi di recensioni di film strepitosi (speriamo). Devo dire che i primi giorni si sono rivelati ricchi e interessanti.

Abbiamo cominciato il nostro EIFF con X/Y, film episodico su relazioni che nascono e crescono a New York.

Ryan Piers Williams, qui sceneggiatore, regista e attore (insomma, se la canta e se la suona, come diciamo noi...) porta sullo schermo quattro storie, o meglio quattro punti di vista su una stessa storia, frammentaria e lineare al tempo stesso, che evidenzia la realtà a volte dolorosa e a volte magica delle relazioni.
Ci sono Mark e Sylvia, la coppia che sta insieme da sempre ma che sta affrontando una dura crisi, principalmente dovuta alla distanza di lui e al tradimento di lei.
C'è Jen, la ragazza facile ma dal cuore d'oro che cerca il grande amore in uomini sempre sbagliati per lei ma che forse, alla fine, riesce ad abbandonare i suoi schemi per qualcuno di meritevole.
C'è Jake, che non riesce a togliersi dalla testa la sua ex.

Tre storie principali, quattro personaggi le cui strade si intrecciano e si allontanano per poi ricongiungersi. Storie vere che mettono la relazione romantica sotto una luce tutt'altro che edulcorata,  una cinepresa che guarda tutto, senza giudicare, enfatizzare, nascondere.
Quasi una sorta di documentario che non tralascia nulla. E in tutto questo c'è una delicatezza sconcertante: litigi, tradimenti, scenate, sesso, tutto è visto ma nulla confonde.
Un film semplice, come in fondo è la vita.
Il cast è composto da attori pressoché sconosciuti al grande pubblico (America Ferrera era la burrosa Ugly Betty) ma che portano a casa un risultato strepitoso. Fra i nomi compare anche quello di Dree Hamingway, già vista nel sensazionale Starlet e nipote d'arte (quel cognome vi dice qualcosa? So, esatto, proprio lui).

Un intenso primo piano di Mark (Ryan Piers Williams)


Insomma, abbiamo inviato questo film festival alla grande, con un bel film che mi sento di consigliare a tutti.
Purtroppo il trailer non è ancora disponibile ma provvederò appena possibile!